Grida campestri e cortei funebri: formare la matrice

Il jazz, come si è infine evoluto come uno stile musicale e un linguaggio distinto, comprendeva ciò che Max Harrison chiama, nel New Grove Dictionary of Music and Musicians, una “matrice composita” composta da una miriade di diversi elementi vernacolari che si sono incontrati a tempi diversi e in regioni diverse. Questa matrice includeva i field hollers delle piantagioni di cotone; i canti di lavoro sulle ferrovie, sui fiumi e sugli argini; inni e spiritual; musica per fanfare, cortei funebri e parate; musica da ballo popolare; la lunga tradizione dell’esecuzione del banjo (a partire dal 1840), che culminò mezzo secolo dopo nell’enorme popolarità del banjo; ciuffi di opera europea, teatro e musica da concerto; e, naturalmente, il blues e il ragtime. Queste ultime due forme iniziarono a fiorire alla fine del XIX secolo: il blues più come musica informale fornita principalmente da cantanti, chitarristi e pianisti itineranti e il ragtime che divenne (nel 1900) l’intrattenimento popolare e la musica da ballo d’America.

Il ragtime differisce sostanzialmente dal jazz in quanto era (1) una musica completamente composta e completamente notata destinata ad essere suonata più o meno allo stesso modo ogni volta, proprio come la musica classica, e (2) una musica scritta inizialmente ed essenzialmente per il piano. Il jazz, al contrario, divenne una musica principalmente strumentale, spesso non notata e parzialmente o totalmente improvvisata. Il ragtime aveva la sua forma a quattro parti derivata dalla marcia, divisa in sezioni successive di 16 battute, mentre il jazz, una volta svezzato dalla forma del ragtime, si è rivolto al blues di 12 battute (o occasionalmente a 8 battute) o al 32- forme di canzoni da bar. Ciò che i due generi musicali avevano in comune erano le loro melodie e i loro temi sincopati (quindi “irregolari”), posti su una costante “regolare”
Accompagnamento 2/4 o 4/4.

Gli anni dal 1905 al 1915 furono un periodo di tremendi sconvolgimenti per i musicisti neri. Anche i molti musicisti che erano stati formati nella musica classica ma non avevano trovato – in quanto neri – nessun impiego in quel campo erano ora costretti a rivolgersi al ragtime, che potevano almeno suonare negli honky-tonk, nei bordelli e nei club; molti di questi musicisti alla fine sono passati al jazz. Centinaia di altri musicisti, incapaci di leggere e scrivere musica, avevano comunque una grande capacità di impararla a orecchio, oltre a un talento musicale superiore. Riprendendo a orecchio il ragtime e la musica da ballo (forse non precisamente), iniziarono quasi per necessità ad abbellire questi brani sincopati – allentandoli, per così dire – fino a quando l’ornamento si trasformò in modo del tutto naturale in semplice improvvisazione. Questo processo ha assunto uno slancio significativamente maggiore una volta che i rags per pianoforte di maestri compositori come Scott Joplin, Joseph Lamb e James Scott sono apparsi in arrangiamenti eseguiti regolarmente da band e orchestre.

Il fatto che il pianista-compositore Jelly Roll Morton fosse uno spaccone che sosteneva di essere “l’inventore del jazz” non dovrebbe oscurare il suo ruolo principale nello sviluppo di quella musica. Già nel 1902 Morton suonava il pianoforte ragtime nei decantati bordelli di Storyville, il famoso quartiere a luci rosse di New Orleans. Successivamente ha iniziato a lavorare come musicista itinerante, attraversando più volte il sud e alla fine si è recato a Los Angeles, dove ha vissuto per diversi anni. Come primo grande compositore di jazz, Morton sembra aver assimilato (come un maestro chef che prepara una grande bouillabaisse di New Orleans) gran parte della suddetta matrice, in particolare blues e ragtime, in un unico nuovo, distinto, coerente stile musicale. Altri, come il sassofonista soprano Sidney Bechet, il trombonista Kid Ory e i cornettisti Bunk Johnson e Freddie Keppard, quattro dei primi musicisti jazz più dotati, arrivarono a conclusioni simili prima del 1920.

Johnson e altri si consideravano musicisti ragtime. In verità, nei casi di molti musicisti di quella generazione – sia neri che bianchi – cresciuti con il ragtime, l’ascoltatore avrebbe difficoltà a determinare quando il loro modo di suonare è passato da stracci abbelliti a jazz improvvisato. I musicisti hanno confermato la tenuità e la varietà di questi primi sviluppi in affermazioni come quella del suonatore di canne Buster Bailey (parlando degli anni prima del 1920): “Io… stavo abbellendo intorno alla melodia. A quel tempo [1917-18] non avrei saputo cosa intendessero per improvvisazione. Ma l’abbellimento era una frase che capivo. E il suonatore di canne Garvin Bushell ha detto: “Non chiamavamo la musica jazz quando stavo crescendo [a Springfield, Ohio]… Il pianoforte ragtime è stato l’influenza maggiore in quella parte del paese… Il passaggio al jazz è iniziato intorno al 1912 a 1915.”

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